Autorealizzazione nel lavoro: bisogno umano e fattore di successo

Autorealizzazione nel lavoro

“Non mollare mai! Sii più concentrato! Sii più determinato! Fai quello che ami, il denaro seguirà!”

Le formule tanto concise – quanto scontate – di una quantità ormai innumerabile di “esperti” sono così tante, così trite e ritrite che non c’è da meravigliarsi se ti viene un irresistibile attacco di orticaria ogni volta che ne senti una.

Il problema alla base di queste “fantasti-formule” è che partono tutte dal presupposto che, se crederai (DAVVERO) a quello che ti dicono, allora sì che il mondo sarà finalmente ai tuoi piedi.

Se, dopo anni e tentativi, il mondo non è ai tuoi piedi come speravi… beh, che vuoi? Evidentemente non ci hai creduto DAVVERO abbastanza. Non è certo colpa loro o della loro fantasti-formula, è chiaro. E’ tutta e sola colpa tua che sei un Kattivoh PamPino (=cattivo bambino letto con forte e disprezzante accento tedesco).

Sei un Kattivoh PamPino, non sei abbastanza motivato, non sei stato abbastanza concentrato, non sei stato abbastanza determinato, evidentemente hai mollato un metro prima di arrivare alla meta e chiaramente non stai facendo quello che ami, perciò mi spiace… niente da fare. Il mondo finirà sotto i piedi di qualcun altro!

Peccato che ci sia qualcosa che invariabilmente tutte queste formule ignorano. E peccato che questo singolo fattore sia uno di quelli che – la scienza ha chiaramente dimostrato – è basilare per il successo di chiunque: il CONTESTO o “il PROCESSO” come lo chiamo nel mio libro.

L’oste dimenticato

Non staremo qui adesso ad aprire una parentesi che risulterebbe troppo lunga e troppo scientifica, ma se vuoi capire di cosa si sta parlando, cerca la parola “EPIGENETICA” e troverai ormai centinaia se non migliaia di documenti, prove scientifiche ed esperimenti di vario genere e tipo che dimostrano chiaramente come il fattore “ambiente” (o contesto) sia una variabile indispensabile per determinare l’evoluzione di qualsiasi cosa: dalla malattia o salute di un corpo alla crescita dell’intelligenza, all’espressione o meno di certi talenti e via dicendo.

Come dire che, senza tenere conto del contesto, si fanno i famosi conti senza il famoso oste.

Ron Carucci, consulente aziendale per la leadership americano con oltre 25 anni di esperienza nel lavoro con CEO e senior executive di aziende Fortune 50 e start up internazionali, ha svolto uno studio di oltre 10 anni su più di 2700 leaders.

Durante questo studio è emerso chiaramente come l’abilità di leggere e adattarsi al proprio contesto, fosse una delle quattro capacità ricorrenti che distinguevano le persone che avevano risultati professionali da quelli che non ne avevano.

Ad ulteriore conferma di tutto questo c’è il risultato delle indagini di Eric Barker, autore bestelling di “Abbaiare all’albero sbagliato: la sorprendente scienza dietro al fatto che tutto quello che sai a proposito del successo è (praticamente) sbagliato).

Dice Barker

“E’ stato affrontare la mia stessa crisi di carriera che mi ha fatto mettere profondamente in discussione tutto quello che mi era stato detto in merito al successo. Era evidente che i “classici consigli” funzionavano solo in alcune situazioni, ma non in altre. Tutte le “regole d’oro” che sentivo dire in giro pareva che avessero stranamente proprio delle eccezioni per me. Io volevo risposte migliori. E mi rendevo conto che anche altri lo volevano”.

Quel percorso dritto e definito che dovrebbe portare al sucesso nella vita, benchè possa essere stato il raro caso di qualche persona, è in realtà per la maggior parte di noi assolutamente non sufficiente per portarci a realizzare quella situazione personale e professionale di autorealizzazione che sogniamo.

I soliti guru ti verranno a dire che la differenza fra la teorica via per il successo e l’accidentatissima pratica che ognuno di noi sperimenta nella propria vita, dipende dalla tua poca forza di volontà. Oppure dal fatto che non hai visualizzato abbastanza la tua meta o non hai applicato abbastanza bene la legge di attrazione.

La realtà dei fatti è un’altra: il mondo di oggi è così complesso, la quantità di dati e di informazioni da gestire così immensa,che materialmente NON può esistere una formula buona-per-tutti.

Chi continua ad andare in giro con l’idea “Ditemi SOLO cosa devo fare che lo faccio” non potrà che rimanere sempre più deluso.

Non esiste una soluzione buona per tutti.

Non esiste il CV perfetto. Nessuna forma di CV è la “più perfettamente perfetta” e capace di darti un lavoro.

Nessun protocollo segreto per la ricerca lavoro.

Nessun profilo Linkedin ottimizzato secondo chissà quali leggi algoritmiche misteriose.

NIENTE. NESSUNO.

A parte te. Il VERO te. Quello senza filtri, senza condizionamenti, senza “dovrei ma che schifo” o “vorrei ma non posso”. E quello è difficile da trovare, lo so.

Scorciatoia numero 1: metti il carico da 90 sulla tua specialità

Mai giocato a briscola? Io da piccola. Non ricordo molto se non il fatto che ad un certo punto c’era la possibilità di “mettere il carico” e stracciare l’avversario.

Ecco. Lo stesso identico risultato lo otterrai anche tu se ti focalizzerai in modo quasi ossessivo sulla tua unica vera specialità.

Lo so, per la maggior parte di noi trovare la propria “specialità” il proprio “talento unico” la propria “firma espressiva unica” è molto più facile a dirsi che non a farsi.

Non è colpa tua. E’ una faccenda che ti è stata complicata negli anni dall’educazione e dal nostro sistema scolastico. Italiano quanto straniero, intendiamoci, niente di antipatriottico.

Ho letto di recente di una ricerca di Karen Arnold, del Boston College, che aveva seguito 81 ragazzi subito dopo il loro brillante diploma. Mentre tutti, visti gli ottimi voti scolastici, proseguirono nel percorso di laurea con successo ed ottennero poi dei discreti lavori, nessuno di loro però è riuscito ad essere veramente di grande successo, men che meno a sentirti autorealizzato.

Il fatto è che la scuola premia i generalisti. Ma l’approccio del generalista non ti permette di diventare veramente un Indispensabile, per dirla come  nel mio libro Un lavoro che Vale. Essere un generalista ti porta giusto ad avere un discreto lavoro (e sempre più con fatica, sempre meno spesso e non certo con soddisfazione economica e personale).

Il problema di chi va bene a scuola ma resta un generalista è che impara ad essere un bravo esecutore, un perfetto soldatino in stile prussiano, uno di quelli buoni per il sistema che vuole masse obbedienti da mandare nei capannoni del capitalismo.

Ma oggi che quel tipo di economia si sta disgregando pesantemente, rimanere a fare il generalista tuttologo è come firmare la tua condanna a morte professionale.

La scuola ha regole chiare e piuttosto semplici, tutto sommato. La vita no.
Imparare a seguire le regole della scuola NON può essere la strada verso una vita professionale soddisfacente e che paga. Non oggi, non più.

Prima ti metti a cambiare rotta e meglio è.

A volte la tua “specialità” può mostrarsi in modi strani, perciò cerca bene e non disperare.

Scorciatoia numero 2: scopri in quale contesto la tua “firma espressiva unica” dà il meglio

Micahel Phelps, probabilmente il più grande nuotatore ormai della storia contemporanea, da piccolo era stato terribilmente frustrato nel suo sogno di diventare un ballerino perché era “sproporzionato fisicamente”, gli dicevano. Braccia troppo lunghe, torso troppo corte, mani e piedi troppo grandi. Non era proprio portato per fare il ballerino.

In effetti, come ballerino no. Come nuovo mito del nuoto però, sì.

Essere un dannato precisino non ti renderà certo una persona esattamente piacevole per la conversazione “da bar” ma ti può rendere un Indispensabile in un lavoro in cui la ricerca dell’errore è un elemento decisivo.

Questa scorciatoia sembra evidente nel momento in cui la pensi applicata agli sport. Non penseresti mai di mandare un armadio alto due metri e venti a fare meno che il giocatore di basket o il saltatore in lungo giusto?

Però ti costringi a fare un lavoro chiuso in un ufficio, magari senza finestre, per 8 ore al giorno, quando tu saresti una di quelle persone che vivrebbero fuori all’aperto tutto il santo giorno e soffrono a non vedere il sole…

Scorciatoia numero 3: persegui l’allineamento non il risultato

Finchè permetti agli altri di determinare i tuoi standard di risultato, sei destinato a soffrire e basta.

Quand’è che permetti agli altri a determinare i tuoi standard di risultato? E’ presto detto.

Provando invidia – ad esempio – ad ogni post di Facebook patinato in cui qualcuno ti mostra il lato rosa della sua splendida vita. (Peccato che non ti mostri poi però tutti gli altri centottanta milioni di minuti in cui la sua vita non è affatto né rosa, né splendida).

Guardare gli altri per misurarci con loro è un altro orribile effetto collaterale del nostro sistema scolastico fatto di esami, paragoni, bocciature e promozioni.

Per uscire da questa giostra pericolosa devi fare una sola cosa: cominciare a cercare il TUO personale ALLINEAMENTO fra ciò che sei davvero e quello che fai, nella vita e nel lavoro.

Alla fin fine, come dice Barker, il successo non ha niente a che vedere con una formula segreta o chissà quale ingrediente speciale. E’ tutta e solo una questione di allineamento fra chi sei e dove scegli di essere.

E’ questione di posizionare le giuste competenze/talenti/abilità nel giusto ambiente all’interno del giusto ruolo. Dove il fatto che sia giusto o no, dipende solo da TE.

Ma ci vuole coraggio per guardare in faccia la realtà e progettare una vita diversa.

A questo punto puoi rimanere con la testa piegata e inveire contro lo stato, il governo ladro e chi non ti dà quello che dovrebbe spettarti.

Oppure puoi scegliere di guardare alle cose da un punto di vista diverso, vedere il mondo del lavoro da tutta un’altra angolatura e andare a prenderti la realizzazione professionale – e personale – che meriti davvero…

Training Elite

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Erica Zuanon

Erica Zuanon

Ex frustrato Ingegnere-ma-volevo-fare-altro, oggi realizzata Content Strategist, Career Coach & Innovation Trainer, guido Aziende e Lavoratori ad affrontare con successo e autorealizzazione le sfide del cambiamento lavorativo nel mondo 4.0 attraverso il metodo proprietario CREEA®. Autrice di Missione Lavoro e Un Lavoro che Vale, ho ideato il progetto Azione IKIGAI per sostenere chi è alla ricerca del proprio perché professionale ma non sa come fare. 

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