Stress lavorativo e differenze di genere: perché le donne sono meno felici

stress lavorativo differenze genere donne

Il sesso stressato: anche nella vita privata le differenze di genere fra donne e uomini creano significative conseguenze. Con l’avanzare degli anni verso la maturità le donne sono sempre più tristi, gli uomini sempre più felici. Può sembrare incredibile che questi dati emergano nel 2020, l’epoca in cui più di ogni altra nella storia dell’umanità vede condizioni di libertà per le donne mai viste prima d’ora. Eppure la ricerca svolta dal Professor Daniel Freeman dell’università di Oxford non lascia dubbi: da un’analisi statistica svolta in 12 nazioni è risultato chiaramente che, dai quaranta in poi le donne tendono a soffrire più spesso di depressione (il 75% in più) e di sindromi d’ansia (il 65% in più) rispetto agli uomini.

stress lavorativo differenze genere

La ricerca del Professor Freeman non fa che confermare quello che in un altro precedente studio intitolato “Il paradosso della declinante felicità femminile” era stato evidenziato: le donne negli anni sessanta, in piena rivendicazione femminista e con livelli di libertà ancora distanti da quelli di oggi, erano più felici degli uomini. Alle soglie del 2020 invece i ruoli restano ancora invertiti e non accennano a cambiare tendenza.  Il livello generale di felicità, rivela lo studio, delle donne è diminuito sia in valore relativo in rapporto a quanto era 40 anni fa, sia in assoluto rispetto alla felicità degli uomini.

Vediamo di capire perché e, soprattutto, come fare per essere nella percentuale di donne che, felici, fanno da eccezione alla regola.

Stress lavorativo: Il paradosso della declinante felicità femminile

Betsey Stevenson e Justin Wolfers dell’università della Pennsylvania nel loro studio Il paradosso della declinante felicità femminile spiegano di avere misurato che, all’avvicinarsi della maturità le donne diventano più insoddisfatte degli uomini a prescindere dalla situazione economica, dallo stato di salute, dal lavoro svolto, dal fatto che siano sposate o single, o che abbiano o meno figli. Stando alla ricerca, la felicità matrimoniale delle donne scende al di sotto di quella degli uomini intorno ai 39 anni, verso i 41 cala la soddisfazione economica, a 44 anni le donne sono più insoddisfatte degli uomini rispetto a ciò che hanno raggiunto.

E anche in Italia le cose non vanno meglio. «La paura dell’influenza A, la crisi economica, il lavoro precario. Sono questi i fattori che stanno portando gli italiani a vivere nell’ansia quotidiana che stressa mente e fisico» afferma Paola Vinciguerra, psicologa e psicoterapeuta, Presidente dell’Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, commentando la ricerca dell’Università degli Studi di Milano su un campione di 4.190 persone secondo il quale 9 italiani su 10 sono stressati.

Chissà cosa penserebbe di queste statistiche la povera Olympe de Gouges, drammaturga e attivista francese che fu ghigliottinata a Parigi nel 1793 per la sua lotta in favore del diritto di voto e di una maggiore libertà per le donne.

E’ forse stato solo un sacrificio sprecato il suo e quello di tutte le suffragette, femministe e attiviste che negli ultimi due secoli e mezzo hanno lottato – a volte persino perso la vita – per una maggiore libertà delle donne?  

Donne e lavoro: analisi delle motivazioni 

Gli autori dello Studio sul Paradosso della Declinante Felicità femminile hanno evitato di indagare sulle cause dietro la situazione da loro fotografata. Certo che una variazione così significativa in soli 35 anni è difficile da attribuire a fattori genetici. La causa deve per forza di cose essere di natura prevalentemente ambientale, di contesto.

C’è chi potrebbe dire che questo declino è dovuto ai persistenti pregiudizi nei confronti delle donne, alle barriere strutturali che non favoriscono l’integrazione famiglia-lavoro, ad una mentalità ancora fortemente patriarcale e maschilista.

O forse, più semplicemente, negli ultimi 35 anni le donne si sono liberate da alcune catene ma non dal peso che la libertà comporta.

Maggiore libertà significa molta più variabilità decisionale: scegliere più spesso, dalla marca dei pannolini alla scelta fra rimanere in un lavoro che ti succhia il sangue ma ti permette di mantenererti o per contro mollare tutto con il rischio di non riuscire più a pagare il mutuo o la retta scolastica di tua figlia.

Maggiore libertà significa essere presenti sul mercato del lavoro, competendo con i colleghi maschi mentre però – a differenza loro – pensi anche alla spesa da fare, il bucato da organizzare, i figli da portare a basket, i genitori anziani da curare.

Certo, ci sono sempre più uomini volenterosi che si impegnano ad alleggerire il peso delle incombenze familiari dalle loro compagne. Ma sono ancora una stretta minoranza. Personalmente però devo dire che, salvo qualche raro caso, la maggior parte delle donne che conosco e ho conosciuto si ritrova – nella migliore delle ipotesi – nelle condizioni dell’esilarante e graffiante fumetto di Emma.

Il peso della mancanza di supporto dalle vecchie famiglie allargate con nonni, zii e parenti, si fa sentire pesante nella nostra società metropolitanizzata.

Dobbiamo inventare iniziative per creare occasioni di incontro fra bambini piccoli e nonni affranti e soli dentro i ricoveri per anziani, anziché semplicemente gioire della ricchezza che sta nella convinvenza con un “nonno” in casa.

Siamo contraddittori e confusi. E per le donne tutto questo è doppiamente complicato. Anche solo perché biologicamente il nostro cervello femminile è predisposto per mantenere attivi più “campi di lavoro” contemporaneamente.

Donne e lavoro: soluzioni per colmare il gap di genere

La sensazione frequente tra le donne che lavorano è quella di sentirsi schiacciate dalle difficoltà quotidiane, oberate: in una situazione simile è complicato far emergere il proprio talento. Molte donne quindi si sacrificano, si accontentano di un lavoro che non le soddisfa o che le mortifica.

Oppure rinunciano alla loro tanto desiderata libertà, tornando a fare le casalinghe (o sognando di poterlo fare).

Anacronistico? Esagerato?

Stando al recentissimo sondaggio presentato in Senato “per un italiano e un’italiana su cinque (il 19.1 per cento) le donne dovrebbero restare a casa, rinunciando al lavoro e alla carriera, per prendersi cura della famiglia. Il dato è piuttosto omogeneo  a nord (20,1) e a sud (19,5), con una flessione al centro (16,6 per cento).”

Per una sostenitrice della libertà individuale come me questi sono dati da brivido, letteralmente. Pensare che le stesse donne si uniscano al coro degli uomini per cui “Sei donna, stai dietro al focolare, lava, stira e cucina” alle soglie del 2020 mi sembra impossibile.

Poi però ripenso a me, dieci anni fa, donna, giovane mamma, ingegnere consulente d’azienda in una corsa frenetica alla performance estrema pur di dimostrare al mondo che non ero da meno degli uomini con cui lavoravo. E penso a come sarebbe stata la mia vita se non avessi conosciuto e imparato a fare leva sull’immenso potere del web, del marketing online e dell’info business.

Non che da allora la mia vita professionale sia stata facile. E non che da allora io abbia lavorato di meno. Ma ho lavorato. Sempre, con soddisfazione personale ed economica. Ma soprattutto riuscendo a prendermi cura della mia famiglia e dei miei figli nei tempi e nei modi che desideravo. Pigrizia permettendo, persino riuscendo – come ora – a prendermi cura del mio corpo, posizionando il mio pc su un tavolo improvvisato appoggiato sopra il manubrio della cyclette. Tutte cose che, lo ammetto, non avrei mai potuto fare se avessi continuato a vivere al 100% nella stritolante corsia aziendale ad alta velocità e altissimo stress in cui stavo prima.

Forse in tutto questo la mia grande fortuna è stata che non ho mai avuto pazienza e ho una soglia di sopportazione del dolore bassissima.

Non potevo quindi aspettare che qualche istituzione o qualche politico risolvesse la mia situazione insopportabile. A quel punto ho dovuto fare conto solo ed esclusivamente sulle mie forze, sulla mia determinazione a vivere una vita migliore per me stessa e per mia figlia. Ho scelto di dedicare tempo a formare continuamente le mie competenze e conoscenze per poter raggiungere obiettivi sempre più alti, visto che spesso noi donne, per emergere, dobbiamo veramente essere molto più brave degli uomini. E dotarci di strumenti all’avanguardia per facilitarci questo complicato compito.

Training Elite

Questo articolo fa parte di “Bloginrete” de LeROSA, progetto di SeoSpirito Società Benefit srl, in collaborazione con &Love e Scoprirecosebelle, che ha come obiettivo primario ascoltare le donne, collaborare con tutti coloro che voglio rendere concrete le molteplici iniziative proposte e sorridere dei risultati ottenuti. È un progetto PER le donne, ma non precluso agli uomini, è aperto a chiunque voglia contribuire al benessere femminile e alla valorizzazione del territorio, in cui vivere meglio sotto tutti i punti di vista.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Erica Zuanon

Erica Zuanon

Ex frustrato Ingegnere-ma-volevo-fare-altro, oggi realizzata Content Strategist, Career Coach & Innovation Trainer, guido Aziende e Lavoratori ad affrontare con successo e autorealizzazione le sfide del cambiamento lavorativo nel mondo 4.0 attraverso il metodo proprietario CREEA®. Autrice di Missione Lavoro e Un Lavoro che Vale, ho ideato il progetto Azione IKIGAI per sostenere chi è alla ricerca del proprio perché professionale ma non sa come fare. 

Condividi l’articolo

Ti informiamo che questo sito fa utilizzo di “cookie” anche di terze parti per memorizzare dati utili alla sessione, migliorare la tua esperienza di navigazione ed eventualmente inviarti pubblicità maggiormente in linea con le tue preferenze ed aspettative. Cliccando su “ok” dai il tuo consenso all’uso dei cookie.