Come trovare il lavoro che ti piace al punto che non riesci a distinguere se stai lavorando o ti stai divertendo? Questa è la domanda da milioni di dollari a cui tutti noi vorremmo poter dare una risposta, soprattutto quando siamo insoddisfatti dal lavoro, annoiati dal lavoro, stressati e logorati da un lavoro sbagliato ma non riusciamo a trovare la forza, il coraggio o la lucidità per cambiare lavoro.
“Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra. Ma questa è una verità che non molti conoscono.”
Primo Levi
Un lavoro NON vale l’altro: ecco perché DEVI TROVARE il lavoro che ti piace, non stai chiedendo troppo!
Con mio padre condivido due cose: l’amore per i dispositivi elettronici e quello per i libri. Capita quindi che facciamo delle reciproche incursioni l’uno nelle libreria dell’altra, alla ricerca di qualche titolo che ancora non abbiamo letto.
Tempo fa, in una di queste incursioni, lui deve aver preso dalla mia libreria uno di quei libri “sovversivi” sul successo, la passione e la felicità (!) che mi ostino a leggere. In questi giorni mi è ricapitato di riprenderlo in mano e, mentre lo sfogliavo, sono stata attirata da qualcosa di strano: appunti a matita con la sua inconfondibile calligrafia.
Uno di questi diceva: “L’errore di Erica sta nel pensare che ci siano lavori che portano al successo e altri no. Non è il lavoro o l’idea, ma come lavori”.
Qualche pagina prima, a fianco di un paragrafo che diceva “la chiave per una vita agiata è semplicemente svolgere il lavoro che ami” lui aveva aggiunto: “o amare il lavoro che hai scelto”.
Non potrei spiegare meglio il concetto: questa, in sintesi è la filosofia da cui provengo, è il modo di pensare con cui io e moltissimi altri – fra cui quasi sicuramente anche tu, diversamente non saresti qui – siamo cresciuti. Secondo mio padre e i padri delle generazioni prima della nostra, il lavoro è il mezzo con cui si porta a casa la pagnotta, è un dovere che devi assolvere, un compito da svolgere perché è giusto così, perché DEVI. Non hai nessun bisogno di sapere come trovare il lavoro che ti piace. Hai bisogno solo di trovare lavoro perché così mantieni la tua famiglia.
Lavoro per loro significa dignità, significa soddisfare i bisogni primari, non deve necessariamente essere legato all’espressione di sé. L’autorealizzazione, il fare un lavoro che ti piace o che ami addirittura , è un di più, qualcosa che capita, non un tuo diritto. Se ti dà un lavoro con cui mantenerti, tu al mondo devi essere grato e non devi chiedere altro, non è necessario che ti senta anche realizzato.
Chi pensa in questo modo è convinto che i sogni siano giochi di fantasia da abbandonare quando si diventa grandi e che le persone scontente del proprio lavoro sono di quelle che amano solo lamentarsi, una specie di “mai contenti”.
Hai un lavoro? Vuoi essere felice? Bene, allora vedi di farti piacere quello che fai.
Questa è la filosofia che ho imparato da mio padre e di cui tuttora gran parte della società ci vuole convincere.
I nostri padri sono figli del dopoguerra, della fame, della povertà, del bisogno di uscire dall’ansia di sopravvivenza. Non c’è posto per i sogni di fantasia quando hai lo stomaco stretto dai morsi della fame, così devono aver dedotto che era molto meglio ragionare con la testa anziché col cuore, che un lavoro valeva l’altro purché ti permettesse di portare a casa la pagnotta.
Per nonno Siro, il padre di mio padre che, sì, era riuscito a ritornare dal fronte ma aveva seppellito tutti gli altri suoi compagni in terra straniera, poche cose risultavano ancora interessanti: preservare la famiglia, cercare di stare tranquilli e assicurarsi che i figli potessero avere un lavoro sicuro per traghettare serenamente alla pensione.
Nel passato dunque, quando il numero di problemi che una persona nella propria vita poteva incontrare stava tutto in “farsi assumere, farsi sposare, fare figli, portare a casa la pagnotta, stare fuori dai guai”, questo modo di procedere poteva essere soddisfacente.
Ma con la comparsa di internet nelle nostre vite la situazione è drasticamente cambiata. E’ stato stimato che una persona oggi è sottoposta in una sola giornata al numero di informazioni e scelte a cui una persona del secolo scorso non era sottoposta nell’arco della sua intera vita.
Il grado di stress a cui siamo sottoposti oggi è immensamente più grande di un tempo. Il livello di abilità e i requisiti per stare sul mercato del lavoro in modo dignitoso oggi sono drasticamente aumentati.
Quello che una volta era sufficiente per “portare a casa la pagnotta” oggi non basta più. Il modello sociale ed economico sotto cui i nostri genitori, per forza di cose e di abitudine, avevano piegato la testa con obbedienza sta andando in mille pezzi, trascinando con sé anche tutti coloro che non hanno la prontezza di capire che il mondo del lavoro è cambiato e servono nuovi modelli e nuove abilità per affrontarlo.
Ci troviamo in un mondo che è totalmente cambiato non solo rispetto alla generazione dei nostri genitori, ma addirittura rispetto a solo qualche anno fa, prima dell’arrivo della crisi e della diffusione del web 3.0 con tutte le conseguenze di cui la maggior parte delle persone ignora l’esistenza, figuriamoci riuscire a trarne vantaggio o anche solo non esserne schiacciati. Non parlo solo del fatto che la pensione non è più una certezza – e comunque ti basterà a stento per pagartici le bollette, non certo per vivere – o del fatto che la crisi ci ha abituati a vedere chiusure, fallimenti, riduzione dei posti e dei salari, licenziamenti improvvisati, “mobilità” forzata e mille altre meraviglie, ma parlo di tutta quella serie di informazioni che i media fingono di ignorare e di cui la maggioranza è ancora all’oscuro, riguardo il reale impatto della tecnologia sulle nostre vite.
Questa crisi non passerà, come ancora troppi continuano a sperare. Cambierà faccia, cambierà forma, ma la rivoluzione è appena iniziata.
E’ così perché esistono dei movimenti tecnologici in atto, di cui stiamo incominciando a vedere solo la punta dell’iceberg. Un iceberg così grosso che farà fare la fine del Titanic a chiunque non si decida a cambiare direzione al più presto.
Il mondo è (di nuovo) cambiato e gli ostacoli da sormontare sono più alti che mai. Ci troviamo di fronte a una rivoluzione totale, a un mercato iper-competitivo che esige da te (e da tutti) la capacità di offrire un contributo indispensabile a qualcosa cui tieni davvero.
(Seth Godin)
Il lavoro: dal dovere all’autorealizzazione per uscire dalla crisi
Lo psicologo umanista Maslow, diceva: “Un musicista deve fare musica, un artista deve dipingere, un poeta deve scrivere, se vuole essere in pace con sé stesso. Ciò che un uomo può essere, deve essere. Deve essere fedele alla propria natura. Questa necessità si può chiamare l’auto-realizzazione“.
Eppure l’uomo, in tutte le epoche della storia, ha sempre sentito il lavoro soprattutto come un dovere, una inevitabile fatica, per consentire la sopravvivenza a sé stesso e ai propri cari.
Ma se il lavoro non fosse solo sforzo fisico o intellettuale? Se fosse invece un modo per sviluppare le proprie capacità cognitive, un modo per diventare una persona migliore, per conoscere sé stessi, per sviluppare i propri punti di forza?
Cosa penseresti se da oggi potessi venire pagato per fare ciò che più ti piace?
Probabilmente crederesti ad uno scherzo oppure direttamente domanderesti “Ditemi cosa devo firmare !?”
Come trovare il lavoro che ti piace con il segreto di Okinawa
Okinawa è un piccolo arcipelago al sud del Giappone, è una specie di Paradiso in terra. Fa parte delle famose “Zone Blu” del pianeta dove la popolazione manifesta una longevità superiore alla media. Gli abitanti di queste isole, oltre a vivere molto a lungo, vivono anche molto bene, seguono un’alimentazione salutare ed hanno un buonissimo approccio all’attività fisica dalla gioventù fino agli ultimi giorni di vita.
Il loro segreto? Eccolo riassunto in 10 passi:
- Rimanere attivi, continuando a fare ciò che ci piace anche dopo la pensione
- Uno stile di vita semplice per abbandonare gli stress
- Mangiare senza mai arrivare alla totale sazietà, ma fermarsi un poco prima
- Circondarsi sempre di buoni amici
- Rimanere in forma e allenarsi ogni giorno
- Essere aperti e interessati alle persone che ci circondano
- Connettersi con la natura
- Ringraziare per ciò che rende bella la vita e che ci fa sentire vivi
- Godersi sempre il momento.
- Seguire sempre il proprio ikigai.
Del fatto che una vita senza stress, connessa alla natura, con abitudini alimentari e fisiche corrette si sapeva da tempo. La vera differenza per la popolazione di Okinawa si risolve nell’ultimo punto: ikigai, letteralmente, «una ragione d’essere». La parola deriva da ikiru “vita” e kai “significato”. Profondamente radicata nella millenaria cultura giapponese, questa filosofia mira alla scoperta di sé e delle proprie qualità e la loro realizzazione nel mondo, così da compiere il proprio Destino.
L’IKIGAI è una specie di meravigliosa terra di mezzo che sta fra:
– Le cose che ci piace fare (passione)
– Le cose si sanno fare bene (vocazione)
– Le cose per cui siamo pagati (professione)
– Le cose che noi possiamo fare per risultare utili al prossimo (missione)
L’anello di congiunzione di ognuno di questi elementi è, appunto, l’Ikigai, la nostra strada.
Quanti di noi si chiedono ogni giorno: “Perché mi alzo al mattino e perché la mia vita vale la pena di essere vissuta?”. Ecco, questo concetto giapponese chiamato ikigai, che si traduce come “joie de vivre”, è uno dei 6 fattori che spiegano l’eccezionale longevità degli abitanti dell’arcipelago di Okinawa, situato nel sud ovest del Giappone. Secondo Christie Vanbremeersch, autrice del libro Find her ikigai, ogni persona ha la propria missione di vita, basta trovarla.
Per trovare il tuo ikigai, devi tornare alla base di tutto: tu, te stesso. E devi chiederti: “Dove sono?”, “Cosa voglio?”, “Come posso fare del bene servendo gli altri e anche me stesso?”, “A che cosa dico di sì, a cosa dico di no? “.
“Nell’assenza momentanea o duratura della passione dobbiamo seguire il filo conduttore di ciò che ci rende curiosi”
Christie Vanbremeersch, autrice del libro “Trouver son ikigaï : Vivre de ce qui nous passionne”.
Trovare un lavoro che piace: perché l’IKIGAI non basta
Per quanto io ami il concetto di IKIGAI, per esperienza devo dirti che da solo non ti aiuterà a trovare il lavoro che ti piace davvero.
Puoi avere un IKIGAI ma senza un Sistema preciso, esatto, strutturato da applicare alle tue scelte lavorative, senza una guida che ti porti ad aumentare la tua “Intelligenza Lavorativa”, non riuscirai ad andare lontano.
Per questo i corsi di motivazione da soli NON ti servono a trovare la tua piena realizzazione lavorativa. Al massimo ti danno una botta di “sprint” con cui magari ti butti in qualche – folle e pericolosa – impresa fuori dalla tua portata, solo perchè ti hanno detto che dovevi “buttare il cuore oltre l’ostacolo”.
Per questo, del resto, i sistemi tradizionali per l’Orientamento Professionale, sono così poco efficaci: sono il frutto di quel mondo industriale che oggi è morto e mezzo sepolto.
Per questo ho dedicato gli ultimi dieci anni della mia vita a capire quali fossero le regole ESATTE del nuovo mondo del Knowledge Work.
Per questo devi cambiare una serie di paradigmi e modi di pensare, se vuoi smettere di essere pezzo intercambiabile di un mercato che vuole solo spremerti il più possibile.
La prima cosa che devi fare, concretamente parlando, è dedicarti ad ampliare scientificamente il numero dei possibili lavori a cui potresti dedicarti.
Stando alle statistiche ISTAT ci sono circa 200 professioni mediamente conosciute dalle persone. Peccato però che queste 200 siano solo una piccolissima percentuale delle ben 6000 che ci sarebbero in giro (censimento non aggiornato e sicuramente sottostimato, considerata l’evoluzione tecnologica e tutte le professioni collegate alla nascente industria 4.0).
Il momento in cui ti fermi, ti metti a tavolino e cominci a scomporre tutta la tua professionalità, elencando nel minimo dettaglio le cose che sai fare, le conoscenze e le abilità che hai, oltre a quelle che potresti conquistare facilmente perché sei già un buon dilettante, stai gettando le basi della tua strategia di conquista del mercato del lavoro.
Arrivato a questo punto potresti sentirti tanto motivato quanto spaventato: quali passi fare esattamente e da dove cominciare potrebbe non risultarti così chiaro.
Per questo abbiamo creato il primo percorso ALL in ONE che ti permette di avere allo stesso tempo: consulenza di carriera, strumenti all’avanguardia per la ricerca efficace di lavoro, esercizi quotidiani per trovare le risposte che cerchi riguardo al tuo futuro, dei coach esperti a cui chiedere consiglio e molto molto altro ancora.
1 commento su “Come trovare il lavoro che ti piace: non è solo questione di gusti”
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