Job Hopping significa letteralmente “saltellare sul lavoro”. È un termine coniato (ovviamente) in America per riferirsi alla crescente tendenza di cambiare spesso lavoro, soprattutto per i Millennials (o generazione Y), cioè i nati tra il 1980 e il 1995, e ancor di più della Generazione Z, cioè i nati tra il 1995 e il 2010. Infatti, secondo una ricerca di Deloitte il 43% dei Millennials si dice propenso a cambiare lavoro ogni due anni, la generazione Z addirittura nel 61% dei casi.
Ma noi siamo in Italia, un paese che quanto a lavoro ha condizioni parecchio diverse dagli Stati Uniti. Un paese in cui la disoccupazione è al 10% e tocca punte del 31% per i giovani.
Un paese in cui c’è il timore piuttosto frequente è che cambiare spesso lavoro ti renda poco affidabile agli occhi di un recruiter.
Mi sono chiesta se fosse un timore fondato o solo il retaggio di un vecchio modo di pensare. Così ho deciso di lanciare un sondaggio sul mio profilo Linkedin per ascoltare la viva voce di chi è attivamente parte in causa.
Come puoi vedere il risultato finale conferma la sensazione: per esperienza, il 60% di chi ha partecipato al sondaggio dice che cambiare spesso lavoro è visto come una minaccia dai recruiter / datori di lavoro.
C’è di più: nei tantissimi commenti che si sono scatenati sotto al post sono emerse alcune interessanti considerazioni che possono farti riflettere nel caso tu stia valutando di cambiare lavoro ma sia incerto se fare il passo perché temi che la tua carriera possa risentirne negativamente.
Da dove nasce e cos’è il Job Hopping
Una volta, quando accettavi un lavoro, immaginavi di restare in quell’azienda per anni, se non per tutta la tua carriera. In cambio di uno stipendio, vantaggi e pensione affidabili, prestavi la tua lealtà. Sapevi che se avessi lavorato sodo, con il tempo avresti fatto carriera all’interno di quell’azienda.
Il ridimensionamento negli anni ’80 e ’90, seguito dalla grande recessione del 2008, ha cambiato drasticamente la situazione e i rapporti il tra azienda e dipendente. I dipendenti hanno imparato, spesso in modo piuttosto brutale, che la loro lealtà non sarebbe più stata premiata con la stessa sicurezza di prima. Quei dipendenti, e le generazioni a seguire, hanno cominciato a capire che dovevano diventare i protagonisti unici dei propri percorsi di carriera.
Persa la “lealtà” a priori nei confronti del concetto di azienda-madre o azienda-protettore in cui di fatto il sogno americano è stato costruito, e a traino quello di tutto il mondo occidentale, è cominciato un nuovo trend: quello del job hopping ovvero il cambiare spesso lavoro – a volte anche nel primo anno di un nuovo lavoro.
I motivi che portano al Job Hopping
Un recente studio su 25.000 persone elenca questi principali motivi che portano una persona al Job Hopping:
- Problemi di organizzazione e gestione all’interno dell’azienda
- Mancanza di riconoscimento
- Superlavoro o lavoro sproporzionato rispetto al guadagno
- Disallineamento alla cultura aziendale
- Nessuna opportunità di crescita
- Retribuzione
- Orari di lavoro
- Tipo di lavoro
Secondo una statistica di SHRM Quasi il 40% delle persone che hanno lasciato nel 2017 lo ha fatto nei primi 12 mesi di lavoro. Quasi la metà di coloro che se ne sono andati, lo ha fatto a velocità della luce: entro 90 giorni dall’assunzione.
Pro e contro del Job Hopping
Veniamo quindi a quanto emerso nei commenti al mio sondaggio su linkedin.
Una parte delle risposte sottolinea il fatto che cambiare spesso posto di lavoro porta ad aumentare il proprio bagaglio di competenze, a rafforzare le skill necessarie e, non meno importante, ad ampliare la sfera dei contatti. Ma si tratta di una parte piuttosto piccola del campione di risposte.
Alcuni recruiter sono intervenuti dimostrando la loro ampiezza di vedute dichiarandosi nella loro professione aperti a considerare nel complesso la storia lavorativa di chi hanno davanti.
La maggior parte dei riscontri però non fa che confermare il fatto che – quanto meno in Italia – il cambiare spesso lavoro è visto come una mancanza di affidabilità che fa diffidare dall’investire su un lavoratore che ha l’abitudine di saltare spesso di fiore in fiore.
Perché cambiare spesso lavoro è un problema
Il vero problema sotto ai dubbi e obiezioni dei recruiter sul cambiare spesso lavoro è una paura tutto sommato comprensibile in chi ha la responsabilità di scegliere un nuovo lavoratore in azienda.
Parlo della paura di sbagliare a scegliere il candidato. Scelta che, se sbagliata, può costare molto cara all’azienda – e di conseguenza al recruiter.
Se sei una persona che ama cambiare spesso lavoro o lo hai fatto in passato e temi questo ti si possa ora ritorcere contro, non devi darti per vinto ma comprendere questa paura e sfruttarla a tuo vantaggio.
Come? È presto detto.
1. Assicurarti che ci sia una narrazione coerente nei tuoi cambiamenti lavorativi. In alcuni casi questa narrazione è autoevidente, come nel caso di Maria Vittoria che, tra 3 sostituzioni di maternità, 1 mobbing subito e una chiusura fallimentare, si ritrova a ricevere le scuse del selezionatore per aver fatto la fatidica domanda “come mai ha cambiato così spesso lavoro”.
Ma non sempre la situazione è così chiara. Soprattutto se hai cambiato lavoro per tua volontà, perché volevi fare carriera, avere più stimoli o trovare condizioni migliori.
In questi casi hai poche chance di venirne fuori vincitore se ti presenti alla come viene, senza un piano preciso dalla tua parte e con solo la speranza che nessuno abbia da ridire sul tuo cambiare spesso lavoro.
In caso qualcuno ti faccia la fatidica domanda infatti dovresti assolutamente evitare risposte tipo:
- è un settore difficile
- mi piace cambiare aria spesso
- mi annoio facilmente
- ho bisogno continuamente di nuovi stimoli
- sono stato sfortunato
- volevo più soldi
Risposte come queste peggiorano solamente la situazione.
Cerca invece di dare delle motivazioni più rasserenanti per la tua scelta di cambiare spesso lavoro. Oltre alle motivazioni semplici e scontate tipo “mi voglio avvicinare a casa”, c’è un tavolo ben più interessante su cui portare la discussione. Richiede preparazione e strategia ma è un grande punto di leva.
Parlo del fatto di far comprendere al selezionatore le (VERE) qualità di un job hopper per scelta:
- ambizione positiva e propensione al miglioramento
- disponibilità elevata a mettersi in discussione
- grande capacità di apprendimento e di adattamento
- bagaglio culturale trasversale e multisfaccettato
- mix di competenze ed esperienza superiore alla media
Se trovi il modo di comunicare adeguatamente queste tue caratteristiche, potrai continuare nel tuo job hopping imperterrito, puntando a migliorare la tua carriera e i tuoi guadagni quanto desideri e meriti. A quel punto il cielo sarà il tuo unico limite 😏