Cambiare spesso lavoro è un problema?

cambiare spesso lavoro

Un timore piuttosto frequente è che cambiare spesso lavoro ti rende poco affidabile agli occhi di un recruiter.

Purtroppo non è una paura infondata perché effettivamente molti recruiter hanno la convinzione che una persona che cambia spesso lavoro abbia qualcosa che non va: inaffidabilità, incapacità ad inserirsi nel contesto lavorativo, caratteristiche personali difficili da gestire in un contesto aziendale.

cambiare spesso lavoro job hopping

Ma con le adeguate contromisure è possibile cambiare spesso lavoro senza dare troppo nell’occhio. Il punto, come sempre, sta nel come ti comunichi e nel come motivi le tue scelte.

I percorsi professionali, oggi meno che mai sono lineari e semplici come una volta e se sai come comunicare le tue scelte adeguatamente, potresti anche ottenere benefici da questa tua situazione lavorativa.

Sono lontani i giorni in cui le persone trascorrevano l’intera carriera in una singola azienda. Oggi, i lavoratori cambiano lavoro in media ogni 4,2 anni, secondo un recente rapporto sul mandato dei dipendenti del Bureau of Labor Statistics.

La durata media di un lavoro dei lavoratori di età compresa tra 25 e 34 anni è di 2,8 anni, rispetto ai 10,1 anni per i lavoratori di età compresa tra 55 e 64 anni.

Il cambiamento è veloce oggi. Le competenze cambiano, le aziende cambiano, i posti di lavoro scompaiono.

Al punto che in America è stato coniato un termine job hopping ovvero il cambiare lavoro frequentemente, spesso per puntare a posizioni e salari migliori.

Il punto però è: in America. Una nazione in cui a fronte di circa 6 milioni di persone in cerca di lavoro, ci sono 6,7 milioni di posti liberi. E passare da un impiego all’altro nel giro di un paio d’anni, può portare a realizzare fino ad un +30% sullo stipendio. Tanto che, secondo una rilevazione di HR Robert Half, il 64% dei lavoratori americani sarebbe job hopper.

Secondo una ricerca Deloitte, sempre in America, su 10.455 giovani della Generazione Y nati fra il 1983 e il 1994, il 43% è propenso a cambiare lavoro entro due anni dall’assunzione, contro un 28% che vuole restare nella stessa azienda oltre i cinque anni dal primo giorno di lavoro. 

In una ricerca analoga realizzata da Gallup, risulta che il 21% dei Millennials ha cambiato lavoro negli ultimi due anni, in percentuale tre volte superiore rispetto ai non-Millennials.

Cambiare spesso lavoro in Italia… non è come farlo in America

Ma in Italia? Dove la disoccupazione è al 10% e tocca punte del 31% per i giovani… la faccenda può non sembrare altrettanto scontata.

La realtà dei fatti è che, in questo come in ogni cosa della vita, generalizzare e basarsi solo sulle statistiche non è una buona idea.

Ogni situazione è diversa, ogni professionalità è diversa e ogni storia personale è unica.

I tuoi talenti, le tue abilità, la tua preparazione sono ciò che può fare tutta e sola la differenza. E la tua determinazione. Determinazione ad essere felice, costi quel che costi, con la crisi, con la pandemia o con qualunque circostanza avversa.

Certo, sarebbe bello che nessuno potesse sindacare sulle tue scelte personali e lavorative. Purtroppo viviamo in un paese che, per molti versi, ha ancora tanta arretratezza nei modi di pensare e di agire, soprattutto nel mondo del lavoro.

Per questo motivo è indispensabile muoverti su due livelli:

  1. Puntare a realtà innovative o con una mentalità il più aperta possibile. Ci sono tantissime start up ma anche aziende con un certo percorso storico che però hanno maturato una visione del mondo e del lavoro più evoluta. In queste realtà è più raro incontrare recruiter-dinosauri che si basano su queste logiche così limitanti nella selezione di candidati
  2. Assicurarti che ci sia una narrazione coerente nei tuoi cambiamenti lavorativi, soprattutto se sei una persona che ama cambiare spesso lavoro.

Cambiare spesso lavoro non è un problema se il perché è forte abbastanza

Il vero problema sotto ai dubbi e obiezioni dei recruiter sul cambiare spesso lavoro è una paura tutto sommato comprensibile in chi ha la responsabilità di scegliere un nuovo lavoratore in azienda.

Parlo della paura di sbagliare a scegliere il candidato. Scelta che, se sbagliata, può costare molto cara all’azienda – e di conseguenza al recruiter.

Una cosa che pochissimi considerano infatti è che un recruiter, pur avendo il coltello dalla parte del manico per quanto riguarda la TUA eventuale assunzione, è comunque un lavoratore che ha a sua volta qualcuno che gli punta un coltello in caso di errori.

Un recruiter o un selezionatore è una persona che deve rispondere all’azienda o al datore di lavoro delle proprie scelte, nel bene e nel male.

Non meno importante, un recruiter è una persona con mille dubbi, variabili e informazioni che non conosce, in un grande terno al lotto in cui cerca di trovare un ordine sensato con le risorse che ha.

E spesso – non è giusto ma è molto umano – il modo per fare ordine e mantenere la traiettoria nella variabilità della vita di oggi, è quella di confidare sul caro, vecchio, confortevole “si è sempre fatto così”.

In tutto questo tu hai poche chance di venirne fuori vincitore se ti presenti alla come viene, senza un piano preciso dalla tua parte e con solo la speranza che nessuno abbia da ridire sul tuo cambiare spesso lavoro.

È evidente che se nel giro di due anni hai la sfortuna di lavorare per due aziende che chiudono o falliscono, c’è poco da discutere. Non è un sintomo di inaffidabilità il tuo aver cambiato lavoro spesso, anzi. Semmai è un sintomo di grande resilienza e determinazione a risalire in sella.

Diverso invece il caso se nel tuo curriculum risulta che hai cambiato una serie di lavori uno dopo l’altro, magari rimanendo nello stesso settore. Qui la cosa comincia ad avere un odore un poco più da bruciato…

“Sì va bene, ma io voglio fare carriera, voglio crescere. Se nell’azienda in cui sono non mi fanno crescere cosa dovrei fare, seppellirmi dentro per anni solo perché così i recruiter non pensino male di me?”

Ovviamente la risposta è no. Però il buon vecchio detto “sbagliare è umano, perseverare è diabolico”, non gioca a tuo favore. Se infatti è ammissibile che tu scelga di cambiare una volta per puntare a migliorare la tua carriera o per migliorare le condizioni lavorative, se dopo poco decidi di nuovo di cambiare lavoro, nasce il dubbio che il problema sei tu.

Insomma, ogni situazione è diversa dall’altra. Starà a te trovare una spiegazione logica e ragionevole per le tue scelte.

L’importante è che tu abbia una risposta pronta per quando dovessero chiederti “Come mai hai cambiato lavoro così spesso?“. In caso qualcuno ti faccia questa domanda infatti dovresti assolutamente evitare risposte tipo:

  • è un settore difficile
  • mi piace cambiare aria spesso
  • mi annoio facilmente
  • ho bisogno continuamente di nuovi stimoli
  • sono stato sfortunato
  • volevo più soldi

Risposte come queste peggiorano solamente la situazione.

Cerca invece di dare delle motivazioni più rasserenanti per la tua scelta di cambiare spesso lavoro tipo:

  • cercavo di avvicinarmi di più a casa (vale se il lavoro per cui ti candidi è vicino a casa più degli altri!)
  • volevo nuovi stimoli e una maggiore possibilità di crescita
  • avevo bisogno di più responsabilità

La forma in questi casi, vale quanto la sostanza!

Ogni quanto cambiare lavoro

Ok, ammettiamo che tu ora sia in un lavoro che non ti soddisfa e vuoi cambiare lavoro. E supponiamo che tu abbia però già cambiato lavoro da poco. Quanto è il minimo tempo ragionevole che dovresti attendere prima di puntare ad un nuovo lavoro?

Cameron Keng – opinionista del mensile statunitense Forbes – dice che stando alle statistiche i cambi non debbano essere frenetici. Il tempo giusto per lasciare la propria azienda arriva dopo 3 o 4 anni. Secondo LinkedIn, i professionisti statunitensi sotto i 30 anni sono arrivati a cambiare lavoro 2,86 volte nei primi 5 anni di lavoro.

Sempre secondo Keng e il suo articolo sul Job Hopping, Il lavoratore statico e immobile deve mettere nel conto che guadagnerà il 50% di meno (in dieci anni di lavoro) rispetto a chi invece cambia impresa.

Del resto però Christine Mueller, presidente di TechniSearch Recruiters, una società di cacciatori di teste, racconta che molto spesso i suoi stessi clienti le chiedono in partenza di escludere persone che abbiano cambiato azienda più di tre volte in 10 anni. 

Questo perché chi cambia spesso lavoro dà la sensazione di essere poco fedele e, soprattutto per ruoli manageriali, di avere un atteggiamento rapace con l’obiettivo di acquisire in pochi mesi il know how di un’azienda per poi proporsi ai concorrenti.

Insomma, a ben guardare nemmeno oltre oceano la situazione è poi così chiara!

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Erica Zuanon

Erica Zuanon

Ex frustrato Ingegnere-ma-volevo-fare-altro, oggi realizzata Content Strategist, Career Coach & Innovation Trainer, guido Aziende e Lavoratori ad affrontare con successo e autorealizzazione le sfide del cambiamento lavorativo nel mondo 4.0 attraverso il metodo proprietario CREEA®. Autrice di Missione Lavoro e Un Lavoro che Vale, ho ideato il progetto Azione IKIGAI per sostenere chi è alla ricerca del proprio perché professionale ma non sa come fare. 

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