Secondo uno studio dell’Università di Phoenix (Arizona, USA), il 58% degli adulti intervistati, di cui l’86% sui vent’anni e i Il 60% degli adulti sui 40 anni, sogna di cambiare carriera. Non solamente un cambiare lavoro nel senso di trovare un diverso lavoro. Ma proprio di cambiare completamente carriera, settore, rivoluzionare la propria vita professionale insomma.
Disillusione nei confronti dell’azienda, incapacità di soddisfare il proprio potenziale, mancanza di scopo e la sensazione di sentirsi intrappolati nel ruolo della « ruota dentata» sono tra le cause principali che dettano la voglia di cambiamento. Ma anche il fatto che il lavoro attuale è diventato noioso e prevedibile, il fatto di sentirsi bisognosi di nuovi stimoli, o magari quel sogno che non ne vuole proprio più sapere di rimanere ancora chiuso nel cassetto.
Ogni lavoro ha i suoi alti e bassi. Ma quando le “giornate no” iniziano a diventare una costante cominci a chiederti se non è forse arrivato il momento di un nuovo inizio.
Secondo Business Insider In media, ciascuno di noi dedica 90.000 ore della propria vita al lavoro. Passarle facendo un lavoro per te sbagliato, che non ha più senso o che non ti realizza minimamente, non è un gran modo di vivere.
In molti insomma – anzi moltissimi – vorrebbero cambiare carriera ma pochi sono abbastanza coraggiosi da farlo. Secondo una ricerca della Tower Watson (società di consulenza nelle risorse umane che ha intervistato più di 20 mila dipendenti di aziende di 22 Paesi per cercare di capire il grado di coinvolgimento negli ambienti di lavoro di cui parlo nel mio libro Un Lavoro che Vale), nonostante il tasso di insoddisfazione lavorativa pazzesco, “solo l’8 per cento sta cercando attivamente un altro lavoro il 46 per cento dichiara di non guardarsi in giro.”
La maggior parte si sente bloccata ed è diventata quasi allergica agli slogan del tipo «segui le tue passioni» o «butta il cuore oltre l’ostacolo», perché fanno ben poco per placare i dubbi più che legittimi circa il cambiamento.
Dopotutto ci sono l’affitto, il mutuo, la famiglia, i risparmi, la pensione e quando la posta in gioco è alta non sempre è bene seguire la regola del mollare tutto per inseguire un sogno. Fare un grande salto per cambiare carriera non è mai facile, specialmente se hai dei figli a carico, un mutuo da pagare e una macchina da mantenere. Soprattutto se si tratta di lasciare una carriera ben remunerata per trasformare un hobby in un lavoro stabile.
Un salto del genere, certamente, fa paura anzi crea una serie quasi interminabile di paure diverse.
Flipping the ladder: cambiare carriera è da pazzi?
Specializzato in capi da lavoro, il marchio Gant ha lanciato un interessante documentario dal titolo Flipping the Ladder (dare un colpo alla scala) un’espressione inglese che si riferisce a un drastico cambiamento di rotta al lavoro, abbandonando il tradizionale percorso di una carriera per esplorare una professione completamente diversa. Nel documentario di Gant la storia vera dei tre protagonisti rappresenta piuttosto bene alcune macrocategorie di grandi paure che tipicamente travolgono chi sogna di cambiare carriera ma non riesce a decidersi.
Soprattutto se il desiderio che ti anima non è dovuto al fatto di guadagnare di più ma di sentire che la tua vita lavorativa vale veramente la pena. È il caso di Robert, un dirigente della più grande società di abbigliamento sportivo al mondo. Ha la posizione di lavoro che TUTTI gli invidiano. Ha soldi, prestigio, status ma…
Ma ha un figlio, Isaac di 9 anni, affetto da sindrome di Down e un cuore di padre che sanguina al pensiero di quando non potrà più essere al fianco di suo figlio per proteggerlo e sostenerlo nella sua vita diversa.
Come ben puoi vedere, in questa situazione, la faccenda non ha per niente a che fare con il fare carriera inteso come fare più soldi o “fare la scalata” come si pensava una volta.
Si tratta con un’istanza che viene da uno spazio che nulla ha a che vedere con la mente razionale e tutto con il cambiare in meglio una piccola parte di mondo.
L’idea di Robert, il padre di Isaac, è infatti quella di replicare un progetto visto in TV, The Specials: una casa-famiglia autogestita da 5 ragazzi diversamente abili, creata dal padre di uno di loro proprio con lo stesso intento, dare al proprio figlio la possibilità di vivere in una struttura non ospedalizzata affinché possa sperimentare una vita il più normale possibile. Per fare questo però, dovrebbe lasciare il suo lavoro a 5 stelle.
Un’istanza di questo genere è sempre più diffusa. Come dice Nava Ashraf, professoressa di Economia e Direttore Ricerche del Marshall Institute nel documentario:
“Nel passato andavamo a lavorare solo per guadagnare e contavamo sulla nostra vita familiare per provare pienezza; contavamo sulla nostra comunità per provare connessione sociale; ci affidavamo a chiesa e religione per soddisfare il bisogno di senso nella vita. Ma oggi non è più così. Oggi chiediamo alle nostre carriere di darci tutto questo: connessione con gli altri, realizzazione, pienezza, senso. Oltre naturalmente al fatto di permetterci di vivere. Insomma, un insieme di aspettative decisamente alto che abbiamo sulla nostra vita lavorativa”
Da una parte insomma abbiamo quella consapevolezza sempre più impellente che ci ricorda che il tempo passa, la vita è una e non vale la pena di passarla a fare il lavoro sbagliato.
Dall’altra c’è lei…
La paura di cambiare carriera
Ogni processo di cambiamento porta con sé un elemento di paura. Paura di sbagliare, timore dell’ignoto, pensare di non avere abbastanza tempo, denaro, abilità o fiducia sono pensieri che a priori potrebbero impedire ogni passo verso il cambiamento.
Il secondo protagonista di Flipping the Ladder è Jacob, un ragazzone di Los Angeles dal fisico super prestante, un passato da militare ma un’emotività a fior di pelle e un’autostima sotto le scarpe che lo portano a dubitare di ogni sua scelta.
Passato a fare il personal trainer dopo il congedo militare, è un grumo di paure, di “vorrei ma non so se posso”.
Il suo timore, comune a quello di tanti altri è quello di non avere le competenze giuste per affrontare la nuova professione o il nuovo settore, nonché quello di abbandonare qualcosa di conosciuto per abbracciare qualcosa che, al contrario, è in buona parte misterioso. Ma soprattutto ha paura di rimanere senza lavoro e dunque senza soldi.
“È difficile per me cercare di valutare, di tutte le infinite possibilità che mi sembrano ci potrebbero essere là fuori, su quale focalizzarmi. Difficile capire che lavoro fare, su quale singola cosa riversare il mio futuro in alternativa a ciò che sono ora. C’è una moltitudine di cose che mi piace e vorrei fare, la domanda è: ma io, cosa vorrei fare davvero? A volte penso… non sarebbe meglio se ci fosse qualcuno che ti dice: ecco, questa è la strada migliore per te, fai questo. Non sarebbe bello?”
Jacob, Flipping The Ladder
E per chiarirsi le idee, nel progetto del documentario, a questo ragazzo viene proposta una di quelle opportunità che molti di noi vorrebbero: cambiare completamente vita e lavoro, andando a migliaia di km di distanza, nel mezzo del niente ghiacciato della Groenlandia.
Anche ad Anna Jonnson, svedese e Legal Advisor del dipartimento di polizia locale, viene data la possibilità di fare un salto a 180° e sperimentare qualcosa di completamente nuovo. Anna, a differenza di Jacob, ha le idee molto chiare sa esattamente qual è il suo sogno nel cassetto a cui sente di aver rinunciato per il suo lavoro apparentemente perfetto: lavorare in un ranch.
E così, Anna ha la possibilità di lavorare per un certo periodo in un vero e proprio ranch.
Mentre Jacob si commuove per settimane, stupito davanti all’immensità dei ghiacci immacolati della Groenlandia, lavorando come chimico in un laboratorio di ricerca al fianco di un bizzarro e simpatico ricercatore di Copenaghen, finito a fare quel lavoro per errore.
In tutto questo incrocio di storie ed esperienze completamente verosimili, l’unica cosa che stona è il fatto che si tratta di un progetto da laboratorio, non qualcosa di replicabile.
Pochi fra noi possono prendersi un periodo sabbatico, fosse anche un solo mese sabbatico, per cambiare completamente vita e lavoro e fare una full immersion in una vita con una carriera completamente diversa.
È un pò come buttarsi dal trampolino con o senza rete di protezione. Fa una certa differenza.
[E comunque dei 3 protagonisti, solo uno (non ti dirò chi è, così se vuoi ti guardi il video e non ti spoilero il finale 😊) decide veramente di dare seguito al suo progetto di cambiare carriera drasticamente]
Cambiare carriera nel mondo reale
Quello che voglio dire è che nel mondo reale la paura è reale e, a differenza che nel documentario, devi capire se scegliere di cambiare carriera o meno, facendo magari un vero e proprio salto nel vuoto, senza la certezza di una rete sotto che ti impedisca di sfracellarti.
Questa – la paura di sfracellarsi – è la madre di tutte le paure davanti all’ipotesi di cambiare carriera nel mondo reale.
Un cambio di carriera può spaventare ma è molto più fattibile con un piano strategico solido e il supporto di una comunità di persone che condividono le stesse idee.
Per questo motivo, se la spinta al cambio di carriera è data dall’insoddisfazione, evita la fuga cieca e fai piuttosto un lavoro approfondito di consapevolezza. Cerca di capire quali sono stati i comportamenti e le dinamiche che hanno portato a una situazione per te di insoddisfazione e così almeno eviterai (ti auguro) di ripetere gli stessi errori (cosa che accade di sicuro se cambi carriera senza aver capito chiaramente cosa ti muove).
A questo riguardo, in Flipping the Ladder, è significativa la reazione stupita di Anna che, messa alle prese con la REALTA’ di cosa significa davvero lavorare in un ranch si accorge che è “Molto più faticoso di quello che pensavo”.
Cambiare carriera in modo efficace non significa concentrarsi unicamente sul futuro. È bene prima di tutto guardare all’attuale lavoro, per capire quali sono gli aspetti che più degli altri spingono verso il cambiamento.
Cambiare carriera: tentazione o benedizione?
Oggi la tecnologia ha irrevocabilmente trasformato ogni settore, «innovazione» è la parola d’ordine, molte carriere sono sparite o in via di estinzione e migliaia di nuove opportunità stanno nascendo. Dal punto di vista dell’età lavorativa i 40 sono i nuovi 30. Storicamente la nostra epoca rappresenta il momento migliore per tentare una diversa strada professionale, rompere con la routine e sbarazzarsi dell’insoddisfazione.
Ma non è per forza necessario ripartire da zero: tentare la via del cambiamento sfruttando i tuoi punti di forza può aprire nuove prospettive.
Se avventurarsi in un settore completamente nuovo può sembrare un rischio troppo grande, imbarcarsi in una nuova avventura professionale che ancora dipende dalle tue attuali competenze può rappresentare un valido punto di partenza.
Ne abbiamo già parlato nell’articolo Reskilling, Riqualificazione Professionale Efficace: esiste un’opzione meno drastica per mantenere una carriera interessante, sfruttare al meglio le proprie competenze e cambiare lavoro in modo«soft». Tecnicamente anche chiamato “«Career Pivot», con il «pivot» non è necessario ripartire da zero, si lascia un percorso per intraprenderne uno parallelo. In termini di gestione delle competenze si tratta di trasferire le proprie conoscenze da un campo all’altro.
Personalmente non sono mai riuscita nella mia vita a fare un cambio di lavoro in stile Flipping The Ladder (non ancora, quanto meno). Ma ho fatto una lunga, soddisfacentissima serie di Career Pivots.
In un mercato del lavoro in continua evoluzione come quello attuale i posti di lavoro sono meno sicuri che mai e tutti dovremmo pensare a noi stessi come imprenditori – anche se di fatto non gestiamo un’azienda.
Wendy Sachs, scrittrice e content strategist americana, nel suo libro «Fearless e Free: How Smart Women Pivot – and relaunch their career» concorda sul fatto che, per lasciare una carriera di cui non si è più entusiasti sfruttando al meglio il proprio bagaglio di esperienze per rimanere rilevanti nel mondo lavorativo
“[…]è necessario passare all’azione. Pianificare, agire, essere audaci, ostinati e responsabili del proprio futuro. Si tratta in fondo di cercare di abbandonare la mentalità caratterizzata da eccessiva cautela e riflessività. Troppi se e troppi ma possono bloccare qualunque slancio. Il ripensare continuamente alle prossime mosse può finire con il farci sentire frustrati e intrappolati per la sola paura di fallire. Appoggiarsi ai propri punti di forza, aumentare la fiducia in se stessi, non temere di rischiare buttandosi nel tanto temuto mondo delle possibilità può invece spalancare le porte su un mondo di opportunità.”
Insomma, si tratta di trovare un difficile e delicato equilibrio tra paralisi-da-analisi e pericolosi lanci nel vuoto senza paracadute.
Non esiste una risposta giusta o sbagliata in assoluto. Esiste la tua risposta giusta, che riesci a mettere a punto a forza di tentativi ed errori. Stai alla larga quindi da chi ti dice di avere il sistema per farti cambiare lavoro e trovare il lavoro dei tuoi sogni. Un sistema esatto non esiste.
E anche se esistesse, il solo fatto di cercare di arrivarci da solo, potrebbe lasciarti esausto e senza forze.
Per questo motivo ho creato, insieme a due colleghe straordinarie – Francesca Scelsi, Career Coach e Alessandra Dell’Aglio, Job Profile Developer – il primo gruppo di career coaching dedicato a chi è alla ricerca di risposte e chiarezza per il proprio futuro professionale.
Un percorso ALL in ONE che ti permette di avere allo stesso tempo: consulenza di carriera, strumenti all’avanguardia per la ricerca efficace di lavoro, esercizi quotidiani per trovare le risposte che cerchi riguardo al tuo futuro, dei coach esperti a cui chiedere consiglio e molto molto altro ancora.
2 commenti su “Cambiare carriera: la risposta è dentro di te, ma è quella giusta?”
Bellissimo articolo. La tecnologia ha cambiato e reso più facile cambiare carriera.
Con una connessione internet, puoi accedere tutte le informazioni istantaneamente per pianificare e realizzare il cambio di carriera!. Personalmente ho cambiato carriera 3 volte nella vita. Geometra, Infermiere, Informatico! Ciò che prima veniva considerato impossibile è oggi possibile ed è molto praticato all’estero!
Grazie del tuo feedback 🙂