Che lavoro fare: il mito dell’unica vera vocazione

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Se non sai che lavoro fare stai dicendo che dovresti avere un’unica vera vocazione ma non la trovi. E se non fosse così?

La domanda che lavoro fare porta con sé il panico nei cuori e nelle menti di ognuno di noi perché ha un pesantissimo presupposto al suo interno: quando ti chiedi che lavoro fare significa che stai dando per assodato che dovresti essere una sola cosa, dovresti avere un’unica vera vocazione. E se non l’hai ancora scoperta è solo perché evidentemente o sei un poco loco (=fuori di testa) o non ti sei applicato abbastanza oppure non hai abbastanza merito o qualità per permetterti di riuscire a vivere facendo qualcosa che ti esprime e ti realizza.

Ci fanno la domanda per la prima volta: “Cosa vuoi fare da grande?” quando abbiamo circa cinque anni. E la verità è che a nessuno importa davvero quello che dici a quell’età ma già ti stano instillando il seme dell’idea che ci sarà UNA cosa che vorrai fare da grande e, più tempo aspetti, peggio sarà per te.

Il problema di questa domanda è che chiede ai bambini di pensare al proprio futuro sulla base di quello che sanno (poco) ma non li ispira a a sognare tutto ciò che potrebbero essere. In realtà, fa esattamente l’opposto, perché quando qualcuno ti chiede che lavoro vuoi fare, se provi a dargli anche solo tre risposte diverse, ti diranno: “Oh, che carino, ma non puoi essere ingegnere, scrittice e pianista. Devi scegliere.” (ogni riferimento personale NON è puramente casuale)

Il sotto-testo alla domanda che lavoro fare insomma nasconde qualcos’altro che si può tradurre così: in questa vita è ovvio che tu possa avere una sola identità, qual è la tua?

La richiesta implicita di dover scegliere una sola identità è praticamente ovunque: i libri classici sulla carriera, i percorsi formativi di orientamento, lo stesso bilancio di competenze o i test di personalità hanno di fatto l’obiettivo di aiutarci a RIDURRE le nostre opzioni e scelte lavorative, dando per scontato che ne esista UNA meglio di tutte le altre.

Fin dalle superiori ti viene chiesto di prendere una scelta ben precisa,

che lavoro fare
Che lavoro fare: o mangi questa minestra o salti dalla finestra 🙁
  • sei un tizio artistico fai l’artistico;
  • ami le lingue allora fai il linguistico;
  • sei uno che ama i soldi ma non vuole fare università allora fai ragioneria;
  • sei certo che amerai progettare case tutta la vita ma vuoi lavorare subito allora fai il geometra;
  • ami i bambini e per TUUUUUUUUTTA la tua vita vorrai lavorare solo con i bambini, allora fai lo psicopedagogico;
  • adori gli smalti e passi il tempo a truccarti ma non ami troppo studiare e allora fai l’estetista;
  • sei un ragazzo che non ama studiare ma perdi tutta la vita dietro a motori e motorini allora vai a fare il perito meccanico;
  • sai che vorrai (o dovrai) fare l’avvocato e quindi meglio che fai il liceo classico; sei bravo in matematica, andrai fare l’ingegnere e allora è meglio che fai lo scientifico…

Penso di aver reso piuttosto l’idea (in tutta la sua angoscia). Non solo ti costringono a scegliere fra un numero limitato di opzioni, aggiornato al secondo ottocento. Non solo ti costringono a prendere a 14 anni una strada che comincia ad escluderti tutte le altre che invece potresti percorrere. Ma di fatto ti stanno insegnando a considerare negativa o anormale la capacità di fare molte cose.

E il danno è ancora più grave di così. Già ad ogni mente appena un minimo sensata sembra evidente che sia una costrizione senza senso quella di aspettarsi che un ragazzino a 12-13 anni sappia già esattamente che lavoro fare e cosa fare della propria vita.

Ma a questo, stando alla scienza, va aggiunto il fatto che durante l’adolescenza il cervello umano sarebbe nella sua fase di massima espansione creativa.

Sarah-Jayne Blakemore, docente di scienze cognitive all’Institute of Cognitive Neuroscience di Londra, attraverso i suoi studi sul cervello degli adolescenti ne ha fotografato i mutamenti e ha dimostrato che gli adolescenti hanno (avrebbero…) un alto potenziale di apprendimento.

L’adolescenza è “il periodo peggiore per soffocare la loro creatività. Gli adolescenti sono capaci di fare cose straordinarie, eppure le scuole non sono cambiate tanto da 400 anni a questa parte. Più imparo su quanto il cervello dei teenager sia plastico e pronto a modificarsi, più mi domando se stiamo fornendo loro il giusto ambiente di apprendimento”.

Sarah-Jayne Blakemore, docente di scienze cognitive all’Institute of Cognitive Neuroscience di Londra

Secondo gli studi di Blakemore e altri neuroscienziati, nella fase dell’adolescenza il cervello subisce un vero e proprio rimodellamento, arrivando al suo massimo sviluppo. 

E noi cosa facciamo? Non solo non lasciamo esplodere nel suo pieno potenziale questa espansione creativa ma la costringiamo dentro una serie di paletti e costrizioni senza senso: studi il latino se fai il classico ma non esplori nulla della tecnologia. Studi limiti derivate e integrali se fai scientifico o tecnico ma è una grazia se sai parlare una sola altra lingua (male) oltre l’italiano.

non so che lavoro fare
TRAD: “Queste sono le tue opzioni di carriera: portafogli, borsetta, scarpe, borsa da golf”

Una guida per chi (ancora) non sa che cosa vuole fare da grande

Nel 2018 è stato pubblicato un libro che ha avuto un discreto successo e diffusione. Il titolo originale “HOW TO BE EVERYTHING, A guide for those who (still) don’t know what they want to be when they grow up”, ovvero “Come essere qualunque cosa, una guida per coloro che (ancora) non sanno cosa vogliono essere da grandi”.

In italiano il libro è stato tradotto con il titolo Diventa chi sei, una pratica guida per persone creative che hanno molteplici passioni ed interessi.

L’autrice è Emilie Wapnick e la sua teoria sul multipotenziale era stata resa nota durante un Ted Talk nel 2015, poi diventato virale, dal titolo “Perché alcuni di noi non hanno un’unica vera vocazione”.

Come puoi ben immaginare il libro l’ho ovviamente comprato e letto. Ma non mi ha entusiasmata. L’ho trovato un pò troppo fumoso. E ora ti spiego perché. Ma prima lascia che ti presenti la persona che a me, parecchi anni prima della Wapnick, aveva aperto il mio mondo alla scoperta che non ero sbagliata, ero solo diversa.

Potrei fare qualunque lavoro se solo sapessi che lavoro fare

Multipotenzialità è un concetto nato in ambito psicologico ed educativo. Negli Usa se ne parla da anni, spesso associato a quello di gifted childern (bambini dotati). Una delle prime definizioni di multipotenzialità è quella proposta da Tamara Fisher: «la condizione di chi ha molti talenti eccezionali, ognuno o la maggior parte dei quali possono costituire una buona carriera per quella persona».

Si parla di multipotentiality dagli anni Settanta principalmente in psicologia e in psicologia dell’educazione. Nel 1972 R.H. Frederickson ha definito “multipotentialed person una persona che quando si trova in contesti appropriati, può selezionare e sviluppare una serie di competenze ad alto livello”.

A partire dagli anni Novanta si presta sempre più attenzione alla tematica.

Barbara Kerr – psicologa dell’educazione e docente di psicologia del counseling – ha contribuito ulteriormente ad approfondire alcune questioni relative alla multipotenzialità. Lei definisce la multipotenzialità come “la capacità di selezionare e sviluppare più carriere (career options) a causa di un’ampia varietà di interessi, attitudini, talenti e abilità”. La studiosa si è occupata di multipotenzialità analizzando anche le problematiche relative alla pianificazione e allo sviluppo delle carriere. Una delle difficoltà degli individui multipotenziali è infatti quella di scegliere quali percorsi formativi e professionali intraprendere. Si tratta di una difficoltà molto presente in questo tipo di persone soprattutto in età scolare e può avere degli strascichi anche nelle successive fasi della vita.

Nel 2010, Tamara Fischer – la quale si occupa di educazione di bambini dotati – parla di multipotentiality in un articolo di approfondimento. Lei definisce la multipotenzialità come “la condizione di chi ha molti talenti eccezionali, ognuno o la maggior parte dei quali possono costituire una buona carriera per quella persona”. Oltre agli aspetti positivi di questa condizione, anche lei sottolinea la grande difficoltà che gli individui multipotenziali possono avere nel compiere delle scelte importanti per la propria formazione e carriera.

Numerosi studi e ricerche che hanno dimostrato che individui gifted o multipotenziali, se non identificati e opportunamente supportati, possono incontrare problemi di adattamento rispetto ai loro coetanei nongifted. Queste problematiche possono acuirsi o consolidarsi in particolare durante l’adolescenza e l’età adulta (Neihart, 2002).

Guarda caso proprio nel momento in cui la società costringe a prendere posizione e stringerti dentro un’unica definizione…

Il grande merito di Emilie Wapnick è stato quello di portare al grande pubblico la conoscenza di questa serie di studi.

Probabilmente il problema più grande di ogni multipotenziale infatti è che sei destinato a soffrire tantissimo, a sentirti inadeguato, brutalmente inadeguato. Guardi tutti i tuoi amici e conoscenti che sembrano sapere esattamente cosa vogliono fare nella vita, quelli che sanno che lavoro fare persino alle medie… e ti senti uno schifo.

Io me li ricordo ancora, nome e cognome.

Luca M., mio compagno di classe alle medie che ha sempre saputo, fin da allora che avrebbe fatto l’ingegnere. Smanettava con l’elettronica nel garage dei suoi, è cresciuto facendo quello, ha scelto ingegneria senza dubbi, si è laureato senza dubbi, ha fatto l’ingegnere senza dubbi. Ed è super felice! Sono passati 30 anni ma lui non ha mai avuto nessun dubbio mentre io ero divorata da dilemmi esistenziali sul mio futuro almeno 2 volte al giorno.

Un altro, Luca S. (non so se è pura coincidenza o quelli che si chiamano Luca hanno in dono la chiarezza professionale assoluta), fratello di Daniele S., mio compagno di liceo, aveva senza dubbio alcuno l’idea di diventare un re delle telecomunicazioni. Nato ingegnere, laureato ingegnere, cresciuto ingegnere di successo.

Mia sorella Alessia (col che si esclude che la multipotenzialità e i dilemmi sul proprio futuro siano questione genetica) ha capito ben prima della fine delle superiori che avrebbe voluto fare l’architetto. E poi ha capito ben prima dei 30 anni che più ancora che l’architetto avrebbe voluto fare l’insegnante. L’ha fatto ed è felice. Punto.

La lista potrebbe andare avanti all’infinito, sono certa che anche tu conosci chissà quanti Luca e quante Alessia. E sono certa che anche tu ti sei sempre sentito tu quello sbagliato.

In realtà sei solo diverso dagli altri, di un diverso che gli scienziati si sono presi la briga di studiare ed etichettare persino con un nome (quindi non sei l’unico e questa è un’altra ottima notizia).

Io stessa mi sono sentita sbagliata e fuori luogo per anni. Ma ho avuto la fortuna di “inciampare”, ben prima del 2015, nel libro di Barbara Sher: “I could be everything, if only I knew what it was” (ho controllato, è esattamente il PRIMO dei miei libri su Kindle, acquistato nell’ormai lontanissimo 2010!).

Nei suoi libri, Barbara Sher definisce i multipotenziale con il termine di «scanner» ovvero persone che hanno interessi vari, coltivati in maniera non approfondita ma “a scansione”, quasi passandoci sopra e analizzando velocemente, proprio come per scannerizzare un documento.

Uno scanner non sopporterebbe mai un lavoro stabile e ripetitivo. Piuttosto sente l’esigenza di esprimersi attraverso diverse passioni, interessi, attività ed è mentalmente iperattivo. Uno scanner non vuole specializzarsi in nessuna delle cose che ama, perché questo significa rinunciare a tutto il resto. La sua sfida è trovare un filo conduttore tra i vari interessi e attività, accostarli e creare così qualcosa di nuovo.

A differenza del libro di Emilie Wapnick, i libri di Barbara Sher hanno il difetto di non essere disponibili in italiano ma il grande pregio di suggerire esercizi pratici e concreti che permettono di cominciare a fare luce nella propria natura di multipotenziale.

Purtroppo però per esperienza devo aggiungere che ancora questo non basta per venire a capo della situazione del che lavoro fare. Perché già, multipotenziale o no, bisogna pur che tu faccia qualcosa nella vita. Il punto è riuscire a far pace con la tua natura mentre trovi il modo per essere sufficientemente interessante per il mercato.

Azione IKIGAI
Ingegneria di carriera

Che lavoro fare: da multipotenziale a inconcludente è un attimo

Una delle cose che più viene rinfacciata ai multipotenziali è di essere tendenzialmente inconcludenti, facili a distrarsi, incapaci di arrivare fino in fondo e tenere la rotta con persistenza.

Il che in effetti, anche per esperienza personale, è verissimo. Almeno finché non chiudi il cerchio sulla natura del multipotenziale e non scopri come fare per insegnargli a pagaiare nella direzione di esprimere il suo massimo potenziale anziché girare in tondo.

È un attimo entrare nel limbo del provo di qualunque cosa e finire per provare tutto e non portare a termine niente.

Il che è doppiamente drammatico perché, per quanto multipotenziale, ogni qual volta interrompi un progetto, un sogno, una curiosità a metà, finisci per dare un segnale pericolosissimo a te stesso: “Hanno ragione loro, sono un buono a nulla che non riesce a capire che cosa vuole fare della propria vita”.

Già, perché una delle caratteristiche dei multipotenziali è un’intelligenza vibrante, una passione per il sognare, l’esplorare, il curiosare. Come ami che volano di fiore in fiore il multipotenziale non si accontenta di ciò che vede. Vuole scoprire tutto quello che c’è oltre ciò che vede. E vuole andare sempre più lontano, sempre più in alto. Se dietro quella collina ci fosse un mondo magnifico che ancora non conosce? Se fare il fiorista anziché l’avvocato fosse la cosa migliore? Se invece che fare il fiorista al posto che fare l’avvocato, la cosa migliore fosse seguire quella serpeggiante passione per la scrittura?

Un multipotenziale può andare avanti così in eterno. Ci sono quelli che si limitano a sognare ma poi nella vita di tutti i giorni continuano a lavorare in posta (giusto per citare l’emblema del lavoro più noioso in assoluto per un multipotenziale).

Altri sono più audaci e passano ad un primo grado di azione: sono gli eterni studiatori. Quelli che se gli chiedi il curriculum rischi di essere sepolto dalla fila di titoli, diplomi, master, corsi di perfezionamento. Spessissimo questa specie di multipotenziali è vittima di Tsundoku ovvero la perversa arte di raccogliere pile e pile di libri “che prima o poi leggerò”, continuando ad acquistarne di sempre nuovi perché vuoi mai che mi perdo qualche informazione preziosa?

La malattia dello “tsundoku” che affligge molti potenziali: comprare libri, riempire scaffali con pile di libri ovunque e non riuscire a starci dietro a leggerli

Una versione ancora più evoluta di multipotenziali arriva ad un grado di azione più concreta ancora: sono quelli che si fanno prestare soldi da parenti o amici per iniziare quel business che ha appena acceso la loro curiosità o che mettono coscienziosamente da parte denaro per anni per poi mollare tutto e cambiare vita dalla sera alla mattina o mettersi in viaggio in giro per il mondo.

Raramente questi multivisionari temerari purtroppo trovano la guarigione comunque: molto più spesso i loro business prendono il volo così pensano che se ne iniziassero uno diverso andrebbe meglio, perciò cambiano e voilà, cadono. Raramente apprezzano ciò che hanno perciò il viaggio in corso non è mai soddisfacente come sembrava quando lo sognavi, forse hai sbagliato qualcosa, meglio cominciare a progettare un nuovo diverso viaggio. Sono soggetti a pentimenti e ripensamenti gravi per via della loro innata impossibilità di vedere l’orizzonte fermo perciò, se riescono a fare il salto e cambiare lavoro, quasi sicuramente tempo qualche mese o settimana cominceranno a pensare “Ho sbagliato a cambiare lavoro“.

NOTA BENE: Se stai ancora leggendo è perché sei proprio un multipotenziale. Ti prego, non provarci nemmeno a sentirti giudicato per l’implacabile chiarezza con cui sto descrivendo le tue disfunzioni. Se le conosco così bene… è perché le ho avute tutte e ho trascorso ormai 20 anni a trovare il modo per risolverle! Hai tutta la mia comprensione, nessun giudizio.

Tornando a noi, il problema delle coach divulgatrici come Emilie Wapnick, Barbara Sher o anche Margaret Lobenstine (la coach autrice del libro The Renaissance Soul sempre sullo stesso tema del che lavoro fare per i multipotenziali), danno un messaggio sostanzialmente motivazionale.

  • Tu sei speciale
  • Oggi molti non ti capiscono
  • Nel passato non era così
  • Segui la tua strada perché sei in compagnia dei migliori.

Queste descrizioni sono potentissime e sicuramente in prima battuta ti fanno sentire meglio. Ma con un balsamo per le tue ferite di multipotenziale incompreso, fatto solo di “sei speciale, non te ne avere a male non ti hanno mai capito”, non hai comunque risolto la situazione.

La situazione è che là fuori il mondo è parecchio spietato. Non ha tempo, intenzione e voglia di cogliere e accogliere la tua sensibilità d’animo, la tua vivace creatività e il tuo bisogno di tempo per esprimerti, interiorizzarti, volare e poi riatterrare pieno di nuove visioni e desideri da realizzare.

Il mondo vuole risultati, vuole KPI (Key Performance Index, indicatori chiave di performance), vuole numeri e vuole che paghi le bollette.

Con i tuoi sogni, i tuoi vorrei ma non so, i tuoi mi piacerebbe ma non sono sicuro, le bollette non si pagano.  

La strada per capire che lavoro fare anche se non sai minimamente che lavoro fare

Il che ci porta quindi alla frontiera inesplorata dalle autrici dei libri e dai motivatori per multipotenziali: ok, ma in pratica come posso esprimere la mia natura di multipotenziale, scoprire che lavoro fare e cosa fare nella mia vita, senza risultare un inconcludente?

Per fortuna (anche questo lo so per esperienza) non c’è probabilmente mai stato un tempo migliore per essere multipotenziali.

Un multipotenziale nel ‘500 con buone probabilità finiva al rogo, soprattutto se donna.

Un multipotenziale negli anni ’50 con buon probabilità finiva in manicomio o viveva sotto psicofarmaci: l’unica possibilità era quella di adeguarsi in qualche modo alla vita delle fabbriche e della produttività taylorista. Oppure faceva l’artista, di solito morto di fame.

Un multipotenziale oggi può arrivare ad esprimere come mai invece era stato possibile nella storia dell’umanità, il proprio mix unico e impagabile di passioni, competenze e talenti.

Per riuscirci però bisogna remare da due parti, altrimenti fai come le barche che girano su se stesse.

Una pagaiata alla ricerca di ciò che per te è IKIGAI nella vita.

Una pagaiata dal lato dell’AZIONE. Azione congruente, all in. Azione senza scuse. Azione chiara e profonda abbastanza per andare a canestro, vincere la partita. E solo allora, dopo che hai vinto la tua partita, allora puoi semmai decidere di cambiare partita.

Quando non sai che lavoro fare ma in realtà è solo il coraggio che ti manca

La cosa forse più dura da digerire per un multipotenziale è che prima o poi, almeno per un certo tempo, DEVI prendere una forma.

Noi multipotenziali vorremmo restare indefiniti, senza forma, sempre. Poter volare liberamente fra i nostri mille fiori senza mai doverne scegliere uno.

Se questa è la tua natura, l’unica cosa da fare è imparare ad addestrarti così da tenere tutto il buono che la tua indole stra-ordinaria ti ha fornito, senza cadere però negli eccessi disfunzionali che potrebbero renderti il più grande successo non scritto.

Altra cosa invece è quando ti ritrovi a dire che non sai che lavoro fare ma in realtà lo sapresti benissimo. Solo che hai paura: paura di quello che direbbero gli altri, di lasciare le tue certezze conquistate a fatica, di non riuscire a guadagnare abbastanza facendo quello che vorresti fare davvero e via dicendo.

Se questa è la tua situazione, di nuovo l’unica cosa da fare è allenare l’AZIONE e la chiarezza. Ti serve sapere qual è il piano d’azione che ti permette di coltivare e scoprire sempre più a fondo il tuo IKIGAI e allo stesso tempo agire in modo coerente ed efficace per conquistare il tuo posto nel mondo del lavoro e smettere di soffrire.

Training Elite

4 commenti su “Che lavoro fare: il mito dell’unica vera vocazione”

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Erica Zuanon

Erica Zuanon

Ex frustrato Ingegnere-ma-volevo-fare-altro, oggi realizzata Content Strategist, Career Coach & Innovation Trainer, guido Aziende e Lavoratori ad affrontare con successo e autorealizzazione le sfide del cambiamento lavorativo nel mondo 4.0 attraverso il metodo proprietario CREEA®. Autrice di Missione Lavoro e Un Lavoro che Vale, ho ideato il progetto Azione IKIGAI per sostenere chi è alla ricerca del proprio perché professionale ma non sa come fare. 

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